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Indice dei contenuti

  • 1. Intervista a Luca Cesari
  • 2. La nascita degli gnocchi
  • 3. Gli gnocchi nel Rinascimento
  • 4. Gli gnocchi entrano nella cucina colta...
  • 5. Quelli tradizionali e quelli di patate
  • 6. Gli gnocchi di patate sono genovesi?

Abbiamo intervistato Luca Cesari

Grande storico della gastronomia.

Abbiamo chiesto a un grande storico della gastronomia, Luca Cesari, di svelarci la storia degli gnocchi, tramite alcuni passi cruciali del libro “Storia della pasta in dieci piatti” (Edizioni Il Saggiatore), che ha vinto il premio Bancarella della cucina 2021 ed è stato nominato libro dell’anno dalla rivista “Gambero Rosso”.

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La nascita degli gnocchi

La loro storia inizia nel Medioevo

Una delle prime ricette vere e proprie a essere giunta fino a noi la si trova all’interno di un manoscritto trecentesco conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna, una testimonianza quasi unica per l’epoca. Gli ingredienti sono pochi e molto semplici: formaggio fresco, tuorli d’uovo e farina. Come la maggior parte delle ricette del periodo non vengono fornite indicazioni sulle dosi degli ingredienti e nemmeno sul tipo di formaggio, che potrebbe essere equiparato a una semplice cagliata, oppure a formaggi teneri e freschi come la robiola, il caprino o il quartirolo.

 

Un’istruzione ricorre spesso anche in alcune ricette successive: aiutarsi con il cucchiaio per buttare il composto nell’acqua bollente. Questo fa supporre che l’impasto, rispetto a quello odierno, avesse una consistenza molto più morbida, che si manteneva soffice anche una volta lessato. Il condimento si riduce al solo formaggio grattugiato, come voleva l’uso medievale (un tratto che, come abbiamo visto, accomunava tutti i generi di pasta).

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Gli gnocchi nel Rinascimento

Arriva finalmente il successo.

Bartolomeo Scappi era cuoco di grande fama al servizio dei Papi dell’epoca. La sua versione rinascimentale degli gnocchi era di due tipi: una versione ‘di grasso’ e una ‘di magro’.
La versione ‘di grasso’ era riportata con la dicitura “Per far minestra di maccaroni, detti gnocchi”, in linea con la tendenza dell’epoca di chiamare ‘maccherone’ qualsiasi tipo di pasta. 

“E molto probabilmente sono gnocchi anche i ‘maccheroni’ che rotolano giù dalla montagna di parmigiano grattugiato descritti due secoli prima da Giovanni Boccaccio nell’immaginario paese di Bengodi […] A differenza degli gnocchi medievali, in quelli descritti da Bartolomeo Scappi non si trova più il formaggio fresco. Gli ingredienti si limitano a farina, pangrattato, acqua o brodo, e tuorli d’uovo […] Il risultato doveva essere pressoché identico agli gnocchi che conosciamo: un pezzettino di pasta lungo pochi centimetri a forma di grosso maccherone aperto con un rilievo a pallini sul dorso.”

“Per quanto riguarda invece la versione 'di magro’ di Scappi, gli gnocchi erano composti da acqua, farina, pangrattato e olio con poco zafferano, conditi con una salsa, chiamata ‘agliata’, realizzata con noci pestate, aglio, mollica di pane imbevuta d’acqua, pepe e cannella.”

“A metà del Seicento, una versione ancora più semplice di gnocchi senza patate viene descritta dal bolognese Vincenzo Tanara […] Composti solo di pangrattato, acqua e poca farina e sempre foggiati sul retro della grattugia, Tanara li condisce ancora con burro e formaggio, oppure agliata nei periodi di ‘magro’. Anche allora, come oggi, le innumerevoli forme di pasta fatte a mano avevano una tradizione territoriale e bastavano pochi chilometri di distanza perché cambiassero nome."

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Gli gnocchi entrano nella cucina colta...

...diventando una moda in Meridione.

“Il loro debutto sulla scena della cucina colta avviene con il napoletano Antonio Latini che include una minestra di ‘gnocchetti’ nel suo ricettario Lo scalco alla moderna (1693). Non più un semplice impasto di pangrattato, ma una ricca formulazione a base di tuorli d’uova sode, spezie, pan di spagna, pasta di marzapane e zucchero. Il risultato era una vivanda dolce e profumata di cannella, in linea con l’esuberante cucina partenopea del periodo. 


Esattamente ottant’anni più tardi, è però un altro napoletano, il geniale Vincenzo Corrado, ad avere il merito di portare gli gnocchi al culmine della loro raffinata evoluzione. […] Sulla scorta della tradizione napoletana precedente, una delle vivande più umili e semplici era ormai diventata un oggetto gastronomico in grado di soddisfare i palati più esigenti, talvolta raggiungendo anche una notevole complessità tecnica."

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Quelli tradizionali e quelli di patate

La storia degli gnocchi si biforca...

“È difficile tenere dietro a tutte le decine di varianti che nascono e si intrecciano fra Sette e Ottocento. I ricettari sono pieni di gnocchi ‘alla reale’, ‘alla trevico’, ‘alla tedesca’, ‘di riso’, ‘verdi’, ‘bruschi’, ‘alla sidoine’, ‘al buon amico’, ‘ai ceci’ e molti altri ancora.”

Il successo più trasversale, secondo Cesari, fu sicuramente quello degli gnocchi ‘alla veneziana’, fatti di un impasto cotto a base di latte, burro e farina, a cui veniva aggiunto alla fine del parmigiano grattugiato. Il piatto, con questa dicitura, è scomparso già dall’inizio del Novecento, ma è riapparso e rimasto al giorno d’oggi col nome di ‘gnocchi alla parigina’.

Poi arrivarono le patate, che però fino alle ultime decadi del Settecento non figurano in nessun ricettario dell’epoca: gli europei erano diffidenti nei confronti di questo tubero insipido e brutto.

“Tra i primi a suggerire l’impiego delle patate per gnocchi e altri tipi di pasta fu il friulano Antonio Zanon […] Nel giro di pochi anni, alcuni cuochi iniziarono intanto a sperimentare l’inserimento della patata all’interno di ricette di gnocchi già collaudate.”

Il primo fu Vincenzo Corrado, con il suo Trattato delle patate ad uso di cibo.”Tra le varie proposte appaiono finalmente anche i capostipiti dei nostri comuni gnocchi di patate, ovviamente interpretati secondo la moda di fine Settecento in cui i tuorli di uova sode, il grasso di vitello, la ricotta, le uova sbattute e le spezie fanno da ingredienti principali, e la patata è chiamata solo a legare l’impasto e conferire una consistenza più morbida.”

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Gli gnocchi di patate sono genovesi?

Un piatto conteso da tutti.

“La loro prima comparsa ufficiale in forma ‘pura’ risale a due ricettari genovesi ottocenteschi quasi omonimi […] Quindi gli gnocchi di patate sono genovesi? Il quadro che si delinea in quegli anni rende in realtà piuttosto difficile la loro attribuzione a una regione particolare.”

Quello che è certo è che “dopo un umile passato e un folgorante debutto nell’aristocrazia napoletana, gli gnocchi diventano così il piatto che tutti tendono a inglobare nel proprio patrimonio locale: dalle Marche alla Lombardia, da Genova a Bologna, e ancora giù fino a Roma. 
Pellegrino Artusi, che è sempre il vero spartiacque della modernità nella cucina italiana, inserisce la ricetta degli ‘Gnocchi di patate’ già nella prima edizione della Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891).”

“La ricetta con le patate però si era ormai consolidata e nel corso del XX secolo conterà sempre meno varianti. Il periodo tra le due guerre, quando economicità, semplicità e versatilità diventarono i criteri guida della ‘selezione naturale’ della cucina borghese e famigliare, decretò il successo definitivo degli gnocchi di patate. Oggi a dire la verità gli gnocchi non godono di ottima salute: a differenza della pasta fresca all’uovo, il cui mercato industriale è in costante crescita e offre discreti prodotti sia sugli scaffali che nel banco frigo, sono un formato estremamente delicato, difficile da veicolare attraverso la grande distribuzione. Sul lato dei ristoranti la situazione non è migliore e sono sempre meno i professionisti della cucina che li inseriscono nei loro menù."

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