Due leggende, un’antica tradizione, un prodotto unico al mondo
Un tappeto viola sulla piana di Navelli: tra fine ottobre e inizio novembre lo spettacolo della fioritura dello zafferano affascina e richiama le antiche leggende sull’origine di questa pianta.
Secondo il mito il bellissimo giovane di nome Crocus si innamorò della ninfa Smilace, scatenando la gelosia del dio Ermes che per vendicarsi trasformò il giovane nel fiore dello zafferano. Così nacque lo zafferano, noto almeno dai tempi di Omero.
Sono gli stimmi essiccati di questa pianta della famiglia delle Iridacee a donarci la preziosa spezia, usata in cucina per il classico risotto alla milanese e per innumerevoli altri risotti, ma anche per piatti a base di pasta, spezzatini di carne, verdure e dessert.
Lo zafferano dell’Aquila si contraddistingue per i suoi profumi armonici ed equilibrati, il suo aroma è caldo ed è meno amaro rispetto ad altre coltivazioni di zafferano.
Il nome scientifico della pianta è Crocus, dal greco Kronos, mentre il nome zafferano deriva dall’arabo Zaafran. Lo zafferano infatti è giunto a noi dall’Asia, dall’antica Cilicia, oggi Turchia, e da lì si diffuse in Tunisia, Spagna e quindi in Abruzzo.
Una seconda leggenda narra proprio come lo zafferano arrivò in Abruzzo. Fu grazie al monaco domenicano della famiglia Santucci di Navelli, membro del tribunale dell’inquisizione e appassionato di botanica. Tornando da Toledo intorno al 1230 portò con sé i bulbi dello zafferano per coltivarlo nei suoi terreni, nella piana di Navelli. La sua intuizione si rivelò giustissima: lo zafferano trovò un habitat favorevole e il monaco seppe trovare il metodo di coltivazione più adatto ai terreni della zona.
I caratteri botanici della pianta e le tecniche colturali dello zafferano dell’Aquila sono rimasti invariati da oltre 600 anni.
Lo stesso metodo tramandato si usa ai giorni nostri: anche per questo lo zafferano dell’Aquila è un prodotto italiano a denominazione di origine protetta, prodotto esclusivamente nel territorio dei comuni di Barisciano, Caporciano, Fagnano Alto, Fontecchio, L’Aquila, Molina Aterno, Navelli, Poggio Picenze, Prata d’Ansidonia, San Demetrio ne’ Vestini, S. Pio delle Camere, Tione degli Abruzzi, Villa S.Angelo.
Il sistema di coltivazione dal quale si ottiene lo zafferano dell’Aquila D.O.P. prevede che i bulbo-tuberi vengano raccolti nella prima metà di agosto e reimpiantati in un nuovo terreno nella seconda metà di agosto. La raccolta dei fiori avviene tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre, a mano e rigorosamente all’alba. Nello stesso giorno si procede con la sfioratura manuale in cui si separano i tre pistilli dal resto del fiore. Infine, sempre lo stesso giorno della raccolta, si mettono i pistilli dello zafferano su un setaccio a sua volta posto su un braciere con brace di legna di quercia o mandorlo, per l’essiccazione.
Ora lo zafferano è pronto per essere confezionato: è venduto in polvere o pistilli essiccati, in questo caso deve essere lasciato in infusione in acqua calda per almeno 2 ore.
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