Scopriamo la storia e le caratteristiche della Grappa di Barolo, eccellenza piemontese.

La Grappa di Barolo è un prodotto a Indicazione Geografica (I.G.), denominazione che sta appunto a identificare “un bene come originario del territorio di uno Stato membro, o di una regione o località in tale territorio, laddove una data qualità, reputazione o altra caratteristica del bene sia essenzialmente attribuibile alla sua indicazione geografica”.

Cos'è la Grappa di Barolo

Si ricava da vinacce di Nebbiolo.

La Grappa di Barolo si ricava esclusivamente da vinacce di Nebbiolo destinate ai vini Barolo Docg e la sua produzione, così come l’imbottigliamento, avvengono soltanto in Piemonte, così da assicurare ai consumatori un prodotto d’eccellenza, visto che l’intera filiera è vincolata al territorio d’elezione e di vocazione.

Un legame forte con la terra d’origine, ulteriormente rafforzato dal fatto che la produzione è ancora oggi fatta secondo le antiche tradizioni, prediligendo una distillazione lenta e puntuale, rigorosamente a bagnomaria ed eseguita impiegando gli antichi alambicchi in rame. 

Prima di saperne di più su questo prodotto di eccellenza è bene precisare che si tratta di un distillato ottenuto dalle vinacce dell’uva (vale a dire dalla parte solida restante dalla torchiatura dell’uva); parliamo, quindi, di un’acquavite di vinacce (a loro volta ricavate solo da uve prodotte e vinificate in Italia), la cui paternità è da attribuire esclusivamente all’Italia, con particolare riferimento a regioni come il Piemonte, la Lombardia, la Valle d’Aosta, il Trentino Alto-Adige, il Vento e il Friuli-Venezia Giulia. 

La parola “grappa”, infatti, pare derivare dal latino “rapus” (uva), termine che nel corso degli anni è stato volgarizzato sino a trasformarsi in “graspa” o “graspo” (da cui grappa), nome dialettale che stava appunto ad indicare la vinaccia, ovvero lo “scarto” ricavato dalla torchiatura dell’uva. 

Caratteristiche della Grappa di Barolo

Deve rispettare alcuni requisiti...

Con la denominazione Grappa di Barolo I.G. ci si riferisce, quindi, soltanto all’acquavite ricavata dalla distillazione di vinacce a loro volta provenienti dalla vinificazione di uve atte a produrre i vini a denominazione d’origine Barolo Docg (Denominazione di origine controllata e garantita) nel rispetto del suo disciplinare (D.P.R. 23 aprile 1966). 

L’uva, inoltre, deve provenire esclusivamente dai vigneti di vitigno Nebbiolo situati nella zona di produzione e coltivati nel rispetto delle condizioni colturali tradizionali dell’area, così da conferire determinate qualità e caratteristiche. 

Questa grappa I.G. può essere invecchiata (Grappa di Barolo Invecchiata o Vecchia) in appositi contenitori di legno non rivestiti né verniciati per un periodo di almeno 12 mesi mentre nel caso in cui l’invecchiamento ha una durata di almeno 18 mesi, allora si parla di grappa di Riserva o Stravecchia. 

Per essere autentica, poi, la grappa non deve essere aromatizzata e non sono ammessi metodi di produzione che prevedono l’aggiunta di frutti, piante aromatiche o loro parti mentre l’immissione sul mercato è possibile solo se il prodotto ha un titolo alcolometrico minimo di 40% in volume. 

L’intero processo di lavorazione e di imbottigliamento deve rigorosamente avvenire in impianti situati in Piemonte, è possibile aggiungere una quantità di fecce nella misura di 25 kg per 100 kg di vinaccia, la quantità di alcol derivante dalle fecce non può superare il 35% della quantità totale di alcole e non è possibile addizionare il prodotto con alcol etilico sia diluito che non diluito.

Storia della Grappa di Barolo

Un forte legame con il territorio.

La storia della grappa di Barolo è indissolubilmente legata a quella del suo territorio d’origine, dove l’arte distillatoria era diffusa e praticata già da molti secoli e da tutte le classi sociali. 

La bevanda che se ne ricavava, chiamata prima acquavite, poi branda e infine grappa, era molto apprezzata al punto che ben presto questo tipo di attività venne regolamentata.

Con il crescente interesse, anche le tecniche di produzione vennero migliorate, con la messa a punto dei primi alambicchi continui e dei sistemi a bagnomaria che andarono ad affiancare i tradizionali alambicchi a fuoco diretto. 

Nel XIX secolo, Camillo Benso Conte di Cavour espresse apprezzamento verso la bevanda che si otteneva dalla lavorazione dell’uva dei suoi vigneti di Nebbiolo, cosa che determinò una crescente attenzione anche verso il vitigno Nebbiolo, al tempo diffuso su tutto il territorio piemontese.

Solo un secolo dopo, però, la qualità del vitigno Nebbiolo, coltivato in una specifica zona di Alba, venne ufficialmente riconosciuta contribuendo così a far crescere anche la popolarità della grappa. 
Nel 1966, il vino Barolo ottenne il riconoscimento di Denominazione d’Origine Controllata e Garantita (DOCG), “elemento” che contribuì alla valorizzazione dell’acquavite ottenuta dalle sue vinacce, ovvero della “Grappa di Barolo”. 

Fu solo con il Regolamento CEE n.1576/89 del 1989 che il prodotto venne iscritto nell’allegato II delle denominazioni geografiche comunitarie delle bevande spiritose, riconoscimento al quale si aggiunse alcuni anni dopo quello di prodotto a Indicazione Geografica. 

Come e dove si produce

Il segreto sta nella qualità

La grappa d Barolo I.G., che si produce su tutto il territorio piemontese, si ottiene, come accennato, dalla distillazione, tramite vapore o con l’aggiunta di acqua negli alambicchi, delle vinacce ricavate dalla vinificazione delle uve destinate alla produzione di vini Barolo Docg. 

A queste è consentito aggiungere (nella misura di 25 kg per 100 kg) fecce liquide naturali o prima della distillazione o mediante disalcolazione in parallelo della vinaccia e delle fecce o, ancora, mediante disalcolazione separata delle fecce e della vinaccia; tutte queste operazioni devo rigorosamente avvenite nella stessa distilleria di produzione. 

Per ottenere un prodotto di eccellenza è necessario prestare attenzione alla qualità delle materie prime che devono provenire solo da uve sane e mature.

Una volta individuate le migliori vinacce, queste sono distillate negli alambicchi in rame, da effettuarsi con il riscaldamento a fuoco diretto, a bagnomaria oppure a vapore; quando viene riscaldata, la materia prima rilascia alcool etilico sotto forma di vapore, che viene poi incanalato in una colonna contenente le sfere di deflemmazione. 

Man mano che il vapore sale, la concentrazione di alcool etilico aumenta mentre diminuiscono tutte le sostanze nocive; i vapori attraversano poi una serpentina immersa in acqua fredda ove si condensano nuovamente ritornando allo stato liquido.

Il metodo discontinuo

Tipico dei produttori artigianali.

La bevanda così ottenuta ha un tasso alcolico troppo elevato (circa 75% vol.) per questo si procede all’aggiunta di acqua distillata in modo da far scendere il tasso alcolico a circa 40% vol. 

Questo tipo di lavorazione può avvenire con metodo discontinuo, tipico dei distillatori artigianali, o con quello continuo, proprio invece delle produzioni industriali. 

Per quanto concerne la resa, sono necessari dai 10 ai 20 kg di vinaccia per produrre un litro di grappa mentre l’affinamento in fusti di rovere può avere una durata diversa a seconda della tipo di prodotto.

Periodo di affinamento

Una fase fondamentale.

Il periodo di affinamento della Grappa di Barolo influisce sulle sue caratteristiche organolettiche nonché sul suo profumo e colore.

La Grappa di Barolo affinata per un periodo non inferiore a 6 mesi è generalmente incolore (colore trasparente), ha un profumo inteso, ricco di note aromatiche e un gusto deciso, asciutto, persistente e morbido al palato mentre quella sottoposta a un periodo di invecchiamento più lungo (e rigorosamente in piccolo fusti di rovere), tende ad assumere un colore ambrato (che si fa più intenso con il prolungarsi del periodo di affinamento), un profumo carico e pieno di sfumature e un gusto avvolgente, vellutato, caldo, secco, di buon corpo e dotato di un grande equilibrio. 

Gli utilizzi in cucina

A fine pasto, ma anche in ricette.

La Grappa di Barolo è generalmente servita a fine pasto, rigorosamente nei bicchieri “tulipano”, che consentono di far percepire al meglio sia gli aromi che il gusto.

La temperatura di servizio deve essere adeguata, ovvero né troppo calda né troppo fredda; per la grappa giovane la temperatura ideale va dai 15° ai 18° mentre per quella invecchiata è di circa 20°.

Oltre che come fine pasto, questa bevanda può essere servita anche come accompagnamento per determinati tipi di alimenti ed essere altresì utilizzata per la preparazione di una gamma di ricette. 

Questa bevanda, infatti, si sposa bene con il cioccolato sia fondente che extra-dark così come con i formaggi poco stagionati e cremosi, dato il suo effetto sgrassante. 

Utilizzata per la preparazione di impasti di dolci, torte e biscotti (come torte di mele, bavarese al cioccolato), la grappa può anche essere impiegata per la preparazione di primi piatti; ad esempio è possibile utilizzarla per sfumare risotti o secondi a base di carne oppure per dare un tocco di novità e personalità a un semplice soffritto. 

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