Scopriamo la Pompia di Siniscola, un frutto raro e strano dalle origini ancora misteriose
Diffusa in Sardegna già da alcuni secoli, la pompia (sa pompìa in sardo) è un agrume endemico di questa regione, coltivato soprattutto nelle provincie dell’Ogliastra e nel Nuorese, in particolare nelle zone di Orosei, Siniscola, Torpè e Posada.
Dalle origini misteriose, la pompia è uno dei frutti più rari al mondo, usato per alcune ricette di dolci tipici di Siniscola, come la Sa pompìa intrea.
Che cos’è la pompia?
Aspetto e caratteristiche
Varietà endemica della Sardegna, diffusa soprattutto in una precisa zona della Baronia, che ha come centro il comune di Siniscola (e i dintorni ovvero Posada e Torpè), e in misura minore ad Orosei e nei limitrofi comuni di Onifai, Irgoli e Galtellì, la sa pompia è un frutto davvero eccezionale che solo nel 2015 ha ottenuto un nome scientifico riconosciuto (“Citrus limon var. Pompia”) che ha sostituito quello di Citrus monstruosa, sino ad allora utilizzato.
Quest’ultimo veniva impiegato per indicare l’aspetto non proprio gradevole della pompia che, di fatto, somiglia a un cedro con la differenza, però, di avere la superficie esterna ricoperta da protuberanze e tubercoli.
La pompia è, infatti, un frutto di grandi dimensioni (ci sono anche degli agrumi più piccoli che a maturità avanzata hanno una buccia esterna liscia), dalla forma sub-globosa, tondeggiante ma irregolare, appiattita ai poli, dal peso medio di 300 grammi e dalla circonferenza di circa 70 cm.
La scorza esterna, come accennato, è rugosa con dei bitorzoli, dovuti all’eccessiva crescita della parte bianca della buccia (ovvero dell’albedo), di colore giallo (che diventa più scuro e ambrato negli esemplari più maturi), ha uno spessore di circa 15 mm e circonda la polpa (un tempo usata per lucidare l’ oro e il rame), costituita da circa 12/14 spicchi separati, di colore giallo chiaro e contenenti sia dei semi di medie dimensioni che del succo, quest’ultimo molto più aspro di quello del limone.
L’ albero della pompìa somiglia a quello dell’arancio ma presenta alcune differenza date dai rami spinosi simili a quelli dei limoni e dalle foglie di forma ovale con apice convesso e di grandi dimensioni.
La fioritura avviene in aprile mentre la maturazione dei frutti va dalla metà di novembre fino a gennaio; va ricordato che la raccolta dei frutti avviene solo a maturazione completa e deve essere effettuata esclusivamente a mano.
Sa Pompia: un Presidio Slow Food
Un vero elisir di benessere
Dall’aspetto simile a quello di un cedro, la pompia è parte della lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) della Sardegna e dal 2004 è Presidio Slow Food, costituito dai produttori locali con lo scopo di salvaguardare questo pregiato frutto, importante esempio della biodiversità del territorio.
Conosciuta fino al 2015 con il nome scientifico di “Citrus monstruosa” (oggi sostituito a livello accademico con “Citrus limon var. Pompia”), la pompia è da alcuni considerata un cedro (o come una varietà di limone) mentre in realtà è più corretta definirla come un ibrido naturale di agrumi locali (cedro e limone o cedro e pompelmo), del quale si utilizza soprattutto la scorza (per le preparazioni di canditi o di liquori come il liquore di pompia) mentre la polpa e il succo sono eccessivamente acidi per essere consumati.
La sa pompia, poi, oltre a essere un frutto molto raro è anche considerata come un vero e proprio elisir di benessere viste le sue molteplici proprietà per la salute dell’organismo tra le quali va segnalata una potente azione antisettica, antibatterica e antimicotica (attribuite all’ olio essenziale ricavato dal frutto), in grado di attenuare le infezioni delle vie respiratorie e dell’apparato genitale femminile, oltre ai disturbi gastrointestinali.
Origini della Pompia e leggende
Da dove arriva?
L’origine della pompìa è ancora oggi misteriosa e nel corso del tempo sono state avanzate una serie di teorie diverse tra le quali la più accreditata è quella che considera questo agrume come un ibrido naturale tra un cedro e un limone (o tra un cedro e un pompelmo).
Di sicuro si è accertato che la pompìa è un frutto molto raro, la cui presenza è stata attestata in Sardegna già nel Settecento, secolo al quale risale un testo (1780), dedicato alla biodiversità vegetale e animale dell’isola, ad opera di Andrea Manca dell’Arca nel quale si trova, appunto, la prima citazione della pompia.
Di qualche anno prima (1760) è invece una statistica redatta per volere del Vicerè, nella quale vengono registrate alcune coltivazioni di questo agrume nell’Oristanese, mentre nel Dizionario Angius-Casalis (1833-1856) si riconosce il comune di Siniscola come il principale centro di coltivazione di questo frutto.
Proprio a Siniscola si deve il merito della riscoperta e della sopravvivenza di questa vera e propria rarità; negli anni Novanta del secolo scorso, infatti, in questo comune si decise di avviare una coltivazione intensiva ed estensiva della pompia (in quegli anni erano presenti pochissime piante) nell’ambito di un progetto di agricoltura sociale mentre qualche anno dopo, per la precisione nel 2004, nacque sempre a Siniscola il presidio Slow Food “sa pompia”, con lo scopo di tutelare e promuovere questo eccezionale agrume.
Sempre grazie al Presidio Slow Food fu stilato un preciso disciplinare che definiva sia la provenienza che i metodi di produzione andando inoltre a riservare l’indicazione “Sa pompia siniscolesa” soltanto ai produttori del comprensorio geografico della Baronia, in particolare di Siniscola.
Sulle origini della pompia esistono, poi, moltissime leggende come quella che ritiene che l’agrume sia stato portato nel bacino del Mediterraneo dopo la sventurata spedizione di Alessandro Magno in Asia.
Altri riferimenti si hanno grazie al filosofo greco Teofrasto che descrive l’agrume come Citrus Spinosa (ovvero “Citrus medica cetra”), a Palladio che in epoca romana racconta della coltivazione del cedro in Sardegna o ancora al botanico e medico greco Dioscoride che in un suo lavoro dedicato alle piante, scrive di un Citrus bislungo e rugoso, i cui frutti sono commestibili solo se cotti nel miele o nel vino.
Gli usi dell’agrume pompia
Olio essenziale e ricette tipiche
Dalla scorza della pompia, o meglio dal flavedo, è possibile ricavare grazie a un processo di distillazione un olio essenziale, che sembra avere proprietà antinfiammatorie, antiossidanti, antibatteriche, antisettiche e cicatrizzanti.
Questa particolare essenza (per ottenere 1,5 litri di olio essenziale sono necessari circa 500 kg di pompia), costituita per il 96% da limonene e per il 4% da nerale, linalolo e geraniale, viene spesso utilizzata per la preparazione di prodotti per la cura della pelle ma può altresì essere impiegata per curare disturbi dell’apparato gastrointestinale e problematiche del sistema genitale femminile.
Uno studio dell’Università di Cagliari ha poi accertato come un composto alcolico ricco di polifenoli possa rivelarsi utile per la salute del cavo orale, poiché capace di limitare lo sviluppo dei batteri della placca, così da salvaguardare sia lo smalto dei denti che le mucose, quest’ultime soggette all’attacco dei radicali liberi.
Per quanto riguarda invece gli usi in cucina, la pompia viene utilizzata per produrre marmellate, creme liquorose e liquore ma è altresì impiegata nella preparazione di alcuni dolci tipici del territorio sardo, ovvero la Sa pompìa intrea e la s’arantzata, prodotti caratterizzati da tempi di preparazione molto lunghi (circa 6 ore).
Cos'è la Sa Pompia Intrea? Ecco la ricetta
Un dolce tipico Sardo
La Sa Pompia intrea è un dolce che tradizionalmente veniva preparato in occasione di eventi speciali o come dono da destinare a personalità illustri; si tratta di un dolce dal retrogusto amarognolo per la cui preparazione sono necessari solo due ingredienti, ovvero la pompia e il miele millefiori.
Per realizzarlo è innanzitutto necessario lavare accuratamente la pompia ed eliminare la parte gialla della buccia, grattandola delicatamente con un coltellino; fatto ciò si procede con il praticare due fori ai poli schiacciati del frutto, fori che devono essere abbastanza ampi da consentire l’estrazione a mano della polpa senza danneggiarla, ovvero senza rompere la parte bianca della buccia.
Una volta estratta la polpa, la parte bianca della buccia va lessata in acqua per circa 10 minuti e poi lasciata asciugare per 12/15 ore; trascorso questo tempo si procede con la canditura con il miele, facendo attenzione nell’utilizzare una quantità sufficiente di miele e nell’aggiungerlo durante la cottura (che dura circa 5/6 ore) mano a mano che viene assorbito.
Ultimata la cottura, l’albedo deve avere un colore ambrato e deve essere ben freddo prima di essere nuovamente ricoperto con il miele di cottura; a questo punto la ricetta è pronta.
Se viene riempita di mandorle tritate allora prende il nome di Sa pompìa prena, ottimo dessert, mentre se si vuole preparare qualcosa di diverso allora è possibile realizzare la s’aranzata, vale a dire una sorta di torta scomposta a base di pezzi di pompìa, miele millefiori, mandorle e confetti colorati (sa trazea) da servire su una foglia di arancio.
Infine, non va dimenticato che questo agrume viene utilizzato anche per la preparazione di un liquore speciale, il liquore di pompia, generalmente servito freddo come digestivo, dal retrogusto amaro e preparato solo con scorza di pompia, acqua, alcool a 95° e zucchero, mentre solo di recente è stato impiegato come ingrediente di birre artigianali tipiche del territorio.